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Civiltà Appennino

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Archeologia di un paesaggio pastorale nelle Prealpi veneto-trentine

di Marco Avanzini


 

Tra 2003 e 2008 la Provincia Autonoma di Trento aveva finanziato il progetto di ricerca “OPENLOC Politiche pubbliche e sviluppo locale: politiche per l’innovazione e ricadute locali di dinamiche globali” coordinato dal Dipartimento di Economia e Management della locale Università. L’area di indagine era rappresentata dal complesso montuoso Pasubio-Piccole Dolomiti, un frammento di Prealpi al confine tra Trentino e Veneto. Il fine era quello di individuare vincoli e opportunità delle aree montane e, contemporaneamente, possibili interventi di politica economica che consentissero una maggiore adesione delle comunità locali ai processi volti a agevolare una maggiore competitività e una più efficiente gestione del territorio e del patrimonio naturale.

Se gli obiettivi primari del progetto di studio erano quindi definiti in relazione all’evoluzione del paesaggio e all’interazione economica delle terre alte con le comunità di fondovalle, è risultato evidente che l’intreccio tra ambienti ecologici e attività umane per essere colto nelle sue molteplici sfaccettature necessitava di una visione globale combinando metodi archeologici, storici e geografici. Per questo, dopo la prima fase, la ricerca è proseguita con il coordinamento del Museo delle Scienze di Trento fino allo scorso 2021.

Qui, come negli altri luoghi delle Alpi, le foreste hanno cancellato le ferite inferte dal millenario bisogno di legname e il tempo ha diluito le tracce di ciò che l’uomo aveva costruito per gestire i pascoli delle terre alte. Questo è particolarmente vero per il pastoralismo ovino le cui tracce, che dalla tarda età del Bronzo attraversano l’epoca romana fino al basso medioevo sono labili e difficili da riconoscere. Più evidente è l’impronta che l’uomo ha dato a partire dal XVI secolo al mondo delle malghe dove l’antropizzazione si è materializzata non solo nella rete di sentieri ma anche in una diffusa strutturazione di pascoli e costruzioni funzionali alla produzione casearia.

L’incrocio tra pratiche di gestione delle risorse e ricostruzione dei dati demografici evidenzia che lo spostamento verso modelli produttivi più efficaci segue il trend della pressione antropica. L’analisi storico archeologica delle quasi 300 strutture antropiche rilevate in un’area pascoliva di circa 7000 ettari ha mostrato come a partire dal IX secolo e fino alle soglie del XX l’attività umana abbia continuamente perseguito lo scopo di ottimizzare la produzione casearia. La progressiva specializzazione all’allevamento bovino si correla, a sua volta, al passaggio da sistemi di gestione multipla delle risorse agrosilvo-pastorali nel quale la presenza ovina era dominante a un utilizzo monocolturale con spazi permanentemente ed esclusivamente destinati al pascolo bovino. Allo stesso modo i resti archeologici hanno rivelato fasi di intensificazione, abbandono e ripresa delle pratiche agro-pastorali nell’arco di almeno tre millenni.

Studiare il passato di quelli che ci possono apparire spazi marginali diventa quindi un modo per riappropriarsi oggi di una storia antica su cui si radica il nostro quotidiano, è un modo per interpretare le dinamiche di trasformazione del nostro ambiente, per guardare con consapevolezza al futuro e alle possibili strade da percorrere per trovare soluzioni adeguate ai problemi della comunità locale.


 

Credits immagini

Fig.1 Prati da sfalcio sul versante occidentale del Monte Pasubio con le tipiche baite da fienagione.

Fig.2 Il Col Santo (2112 m), una delle culminazioni principali del Massiccio del Pasubio con alla base la vasta distesa del Pascolo Ste dove sono state identificate tracce frequentative datate alla tarda età del Bronzo.

Fig. 3 Cippo confinario tra comunità trentine e vicentine risalente al XVI secolo nei pressi di Malga Pasubio.

Fig. 4 Pascolo di Maga Campobiso ricavato alla metà del XVI secolo disboscando l’originale foresta di larici. La luce radente mette in evidenza sulla superficie del prato le buche e le collinette legate alla rimozione delle ceppaie.

Fig. 5 Rilievo di una struttura legata alla produzione casearia posta a circa 1900 m di quota e datata al IX – X secolo. In un angolo sono emersi i resti di una pentola in ceramica acroma.

Fig. 6 Copertina di uno dei volumi destinati al vasto pubblico prodotti nell’arco del progetto di studio con il sostegno dei Comuni montani del territorio.

Fig. 7 Pagina dedicata all’archeologia medievale di una delle pubblicazioni divulgative esito del progetto di studio.

 

Marco Avanzini
Coordinatore del Settore Ambiente e Paesaggio del Museo delle Scienze di Trento e professore incaricato presso le Università di Trento e Padova.
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