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Potenziare la scuola anche nelle “aree interne” per vincere le sfide future della transizione promessa dal Next Generation EU

di Francesco Monaco


 

 

Gli ambiziosi obiettivi posti dal PNRR – NGEU presuppongono la ricostruzione di condizioni amministrative e di contesto favorevoli agli investimenti e alle riforme; ad essa il Paese dovrà mettere mano dopo decenni di omissioni e disattenzioni.

Il DL 31 maggio 2021, n°77 pone le basi per disegnare una nuova governance e pervenire al rafforzamento delle strutture amministrative, ma la sfida si giocherà sulla capacità di intervenire efficacemente sul presidio dei pilastri dello stato sociale, senza lasciare indietro nessuno, persone o territori.

La scuola è uno di questi pilastri e, soprattutto dopo la cattività a cui è stata costretta dalla pandemia, dovrà trovare la forza per rilanciare il proprio progetto educativo.

La questione è complessa e si porta dietro problemi risalenti nel tempo.

Intanto ci sarà da capire se la campagna vaccinale consentirà un rientro a settembre in presenza; poi ci sono tante questioni ordinamentali e organizzative da affrontare, i nuovi ingressi di docenti giovani, la stabilizzazione dei precari, per non parlare di un ammodernamento generale della didattica che non può più attendere.

Un contributo alla ripartenza della scuola dovrà venire anche dai territori più marginali e periferici del Paese, le nostre “aree interne”.

Il valore della scuola nelle “aree interne” è documentato in un bel lavoro collettaneo realizzato nel 2020 da un gruppo di ricerca dell’INDIRE e pubblicato da Carocci: “Comunità di memoria, comunità di futuro”. Nel testo le autrici e gli autori si soffermano su limiti, carenze, potenzialità e prospettive delle “piccole scuole”, disegnando anche un puzzle di “buone pratiche” che già indicherebbe un percorso evolutivo.

Il valore della scuola nelle “aree interne” lo ha scoperto anche la Strategia nazionale delle aree interne (SNAI) che dal 2014 ha sperimentato formule innovative di potenziamento dei servizi scolastici nelle aree più marginali e periferiche dell’Italia.

Quello che si è capito da questa politica pubblica è che nelle “aree interne” la scuola è allo stesso tempo presidio civico e ambito di sperimentazione didattica e di innovazione, attraverso lo scambio continuo con centri di competenza e luoghi esterni.

Le carenze e i problemi sono tuttavia numerosi.

Le “aree interne” sono caratterizzate dalla presenza di un’offerta formativa molto frammentata, mentre le istituzioni scolastiche risultano fortemente sottodimensionate.

Per il primo ciclo di istruzione, i numeri degli studenti sono largamente al di sotto dei parametri previsti dalle norme di legge, i quali pensati per aree con una diversa densità di popolazione pongono un serio problema di mantenimento del servizio.

La pluriclasse è la soluzione più diffusa per ovviare a questo problema, ma spesso è vista come una pratica “disfunzionale” (classi troppo esigue non favoriscono lo scambio e la socializzazione tra gli alunni). Solo in alcuni casi si ritiene che la “diversità”, in essa contenuta, possa essere valorizzata diventando terreno di sperimentazione di nuovi modelli didattici orientati alle esigenze specifiche e di sviluppo di aree locali marginali.

Il turn-over dei docenti è altissimo, le condizioni degli edifici risulta critico in molti casi.

In queste condizioni i risultati dell’attività didattica, misurati con i testi INVALSI, non possono che essere peggiori della media italiana. Inoltre, nel corso dell’attività di co-progettazione territoriale sono emersi chiaramente bisogni e aspirazioni di docenti e studenti, fortemente legati all’offerta di servizi non solo educativi ma anche culturali, che certamente non abbondano in contesti territoriali fragili e spopolati.

Le soluzioni che la SNAI ha portato hanno puntato prioritariamente al miglioramento strutturale degli edifici, nel senso di una loro migliore vivibilità e sicurezza, dotandoli di spazi e attrezzature per le attività laboratoriali aperte al territorio; in secondo luogo, gli interventi si sono concentrati sull’innovazione didattica, che è ben rappresentata dall’insieme di progetti e dalla ricchezza delle innovazioni e delle sperimentazioni che è possibile conoscere consultando il sito istituzionale della SNAI.

Nelle aree interne innovazione didattica significa innanzitutto attenzione alle persone, capacità di farle lavorare insieme, al fine di accrescere la loro autostima, in un quadro in cui la fragilità agisce togliendo la capacità di immaginare un futuro, e far crescere il senso della cittadinanza.

Significa incoraggiare la flessibilità di orari e le nuove modalità di insegnamento, la moltiplicazione dei percorsi non formali, il sostegno ad iniziative che favoriscono un nuovo rapporto con l’ambiente circostante e una maggiore coesione territoriale.

Abbiamo esempi di scuole in cui si sono sperimentate forme di apprendimento bidirezionale, in cui la relazione fra insegnanti e studenti è stata in qualche maniera rovesciata; altri casi in cui si sono sviluppate modalità di cooperazione orizzontale fra i soggetti coinvolti sull’insegnamento dell’italiano agli stranieri; o progetti nei quali gli studenti delle scuola sono stati coinvolti nel monitoraggio civico promosso, ad esempio all’interno di patti d’area o di territorio.

Un po’ dappertutto, infine, si è badato alla costruzione di vere e proprie “comunità educanti”, capaci di prendere in carico contemporaneamente esigenze di apprendimento (spesso finalizzato all’acquisizione di competenze per il lavoro) ed esigenze di rafforzamento delle identità culturali, sempre stimolando l’apertura ed il confronto con gli altri, turisti o cittadini delle aree urbane di ritorno o in visita.

In questo quadro la scuola è potuta divenire luogo di rigenerazione di comunità, inserita in una forma non episodica, ma strutturale, di intervento sul territorio.

In mezzo c’è stata la cesura di Covid19 e molti progetti si sono fermati o sono stati ritardati.

Ora bisogna riprendere la via, riavviare i progetti sospesi ma anche riallineare l’intervento ordinario di cui si è detto più sopra.

Ma per divenire uno spazio di apertura verso il futuro, contribuendo a vincere le nuove sfide, la scuola anche nelle aree interne ha bisogno di essere continuamente alimentata in un rapporto flessibile e osmotico con il territorio che la ospita.

Questo ci ha insegnato la SNAI e può valere anche per le aree più forti del Paese.

 


.(Le opinioni dell’autore non impegnano l’amministrazione di appartenenza)


credits: Foto copertina di Mojpe da Pixabay
Francesco Monaco
Coordinatore nazionale uscente del Comitato Tecnico Aree Interne (CTAI)
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