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Civiltà Appennino

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Italia, Paese di paesi

di Rossano Pazzagli


 

Siamo un Paese di paesi. È l’Italia interna, prevalentemente collinare e montuosa, vittima sacrificale di un modello di sviluppo che nel corso del ‘900 ha marginalizzato le zone rurali, privilegiando i grandi centri urbani, le poche pianure e qualche tratto costiero. Al tempo del boom economico, mentre l’Italia diventava un Paese industriale e si rafforzava economicamente, un’altra Italia, ben più grande e diffusa, subiva lo spopolamento, l’abbandono, la dimenticanza, con migliaia di paesi che si allontanavano dalla vista e dal progresso. Una gran parte del territorio – quella delle campagne, della montagna, dei fondovalle interni – si è ritrovata ai margini, diventando una grande periferia rurale trascurata o dimenticata, svuotata di abitanti, funzioni e servizi, ferita nella sua dignità ambientale, sociale e culturale.

Questa vasta Italia, ingiustamente definita “minore”, contiene risorse diffuse, ricchezze e bellezze utili non solo ai pochi abitanti rimasti, ma all’intera società. Qui, nei territori di civiltà antiche, si è accumulato nel tempo un patrimonio diffuso fatto di prodotti, ambiente, paesaggi, valori culturali, salute e virtù civiche che oggi tornano ad essere necessarie per rispondere alla crisi del presente. Il Covid19 ha reso più evidenti gli squilibri e le contraddizioni del modello di sviluppo, più impellente la necessità di un cambiamento e di un riequilibrio, accelerando processi già in atto e facendo emergere i paesi come nodi nevralgici del patrimonio territoriale, vittime dell’abbandono, ma anche laboratori di rinascita territoriale e sociale nell’orizzonte incerto della società contemporanea, reso più cupo dalla pandemia.

Diventa quindi necessario tradurre la conoscenza del territorio in coscienza di luogo, concepita come elemento necessario, insieme alle politiche, per la rivitalizzazione di una parte estesa del Paese e per riabitare i paesi e le campagne, luoghi più sani e spazi privilegiati per nuove forme di economia e per un corretto rapporto tra uomo e ambiente. Ora che, pur tra molti problemi, c’è un movimento di ripresa di attenzione sul territorio e sulle aree interne, con una strategia nazionale e tante iniziative locali in atto, è necessario capire il declino e progettare la rinascita, ponendoci nella prospettiva di superare lo spaesamento e riabitare l’Italia dell’abbandono.

Possiamo farlo senza cedere alla retorica del “piccoloborghismo” o alla nostalgia del bel mondo perduto, considerando le aree interne, a partire dalla dorsale appenninica, come uno spazio vitale di sperimentazione di un altro modo di vivere, di produrre e di consumare, intercettando gli effettivi bisogni delle comunità e riportare i servizi (cioè i diritti), fare ricerca sui luoghi per contribuire al loro cambiamento. Cominciamo presentando l’Italia “bella dentro” (così l’ha definita Luca Martinelli), come una rete di paesi, vista in una prospettiva che cerca di riannodare i fili con l’entroterra, prefigurando sul piano culturale e politico una via da percorrere: quella di investire sui paesi, diffusi ovunque e carichi di storia, “plessi nervei” della vita italiana per riprendere una lontana espressione di Carlo Cattaneo.


 

 

 

 

Rossano Pazzagli
Rossano Pazzagli insegna Storia del territorio e dell’ambiente all’Università del Molise. Esponente della Società dei Territorialisti, è stato direttore del Centro di Ricerca per le Aree interne e gli Appennini, dirige la Scuola di Paesaggio “Emilio Sereni” presso l’Istituto Alcide Cervi ed è condirettore di “Glocale”.
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