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Civiltà Appennino

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Il Manifesto del Futurismo Rurale

In ascolto critico di paesaggi e territori, dall’Appennino meridionale verso la ruralità globale

 

di Leandro Pisano

 

All’interno dei dibattiti politici ed ecologici contemporanei, la ruralità emerge come elemento in costante oscillazione fra alterità ed identità: non un semplice spazio geografico, quindi, ma una sorta di posizione, anche di tipo politico. In questo scenario di tensione interpretativa, è possibile accostarsi al concetto di ruralità in senso critico, provando ad immaginare altri futuri per le comunità, i territori ed i luoghi, al di là della stringente dicotomia alterità / identità e di una serie di discorsi che tendono a considerare la ruralità stessa come una componente marginale del mondo contemporaneo.

Il Manifesto del Futurismo Rurale, testo elaborato nella forma finale dal sottoscritto  insieme a Beatrice Ferrara, ma risultato di un processo collettivo di riflessione che ha coinvolto artisti, curatori, critici, studiosi internazionali insieme alle comunità che vivono e operano sui territori di riferimento, è un testo che rivendica per i territori marginali e rurali, che sono considerati invisibili o destinati a scomparire nei discorsi del modernismo e del capitalismo contemporaneo, la possibilità di trasformarsi in spazi e luoghi di azione e immaginazione di futuri possibili.

Si tratta di un documento che testimonia una lunga ricerca durata circa quindici anni, in diversi territori del Sud Italia, lungo la dorsale appenninica, dall’Irpinia al Sannio beneventano, dalla Puglia al Molise, dal Cilento alla Sicilia, attraversando geografie e territori disparati. Aree rurali, luoghi abbandonati, zone ai margini affiorano attraverso modalità di ascolto e pratiche artistiche che le rivelano come spazi “aumentati”, sia dal punto di vista sensoriale che delle risonanze del pensiero.

Questo lungo processo di studio, che ha alternato azioni culturali sul campo e riflessioni teoriche ex-post in una sorta di ricerca in pratica, si è fondato su una serie di prospettive in cui i molteplici punti di vista e di ascolto forniti dall’arte, dalle tecnoculture, dal suono e dalle pratiche di ascolto mirano a mettere in discussione i termini manichei sui quali si costruiscono i discorsi attuali sulla ruralità, e cioè autenticità ed utopia, anacronismo e provincialismo, tradizione e senso di stabilità, appartenenza ed estraniamento, sviluppo e arretratezza.

Interrogando il rapporto con la memoria e con gli archivi del passato, le pratiche estetiche basate sul suono riposizionano il concetto di rurale all’interno delle narrazioni contemporanee, decostruendo i discorsi che vorrebbero relegare la ruralità ad appendice residuale di processi politici, economici e culturali globali.

I territori rurali diventano così luoghi di sperimentazione, performatività, indagine e riconfigurazione, in cui è possibile creare scenari futuri a partire da altri assemblaggi di elementi visibili e invisibili, umani e non umani: oggetti, materiali, discorsi, tecnologie e infrastrutture relazionali che costituiscono, e che vengono a loro volta costituiti, come specifiche forme di governance.

Fondato su queste riflessioni, il Manifesto del Futurismo Rurale si presenta come il risultato di un processo di pensiero collettivo, pratico e teorico allo stesso tempo, condotto da Pisano e Ferrara durante il progetto Liminaria (http://www.liminaria.org), residenza di arti sonore e piattaforma di ricerca per lo sviluppo di reti sostenibili, dal punto di vista culturale, sociale ed economico che ha operato dal 2014 in alcune aree del Sud Italia.

Come approdo finale di questo progetto, il documento si fonda su una serie di proposizioni che mirano a ripensare e a reimmaginare le aree rurali come spazi complessi attivamente immersi nel dinamismo degli incontri, dei flussi e delle geografie contemporanee e, allo stesso tempo, a mettere in discussione i discorsi del capitalismo e del metropolitanismo in cu esse sono marginalizzate e considerate come condannate all’oblio.

Il Manifesto è un testo che, più che riferirsi al Futurismo italiano di marinettiana memoria, con il quale condivide però un approccio irriverente e anche ironico, si riconnette direttamente – in senso concettuale e pratico – ai futurismi “minori” di ambito postcoloniale, come l’Afrofuturismo, in cui le tecnologie diventano strumenti di presa di coscienza e di resistenza per affermare una serie di contro-narrative in relazione a posizioni di subalternità, disuguaglianza e differenza.

In questo senso, il territorio rurale può essere riconfigurato come uno spazio critico, performativo e di narrazione condivisa, attraverso le pratiche estetiche offerte dal suono e dai linguaggi dei nuovi media, che diventa un luogo di interazione e sviluppo di azioni culturali che generano flussi dialogici con i molteplici elementi che gli danno forma. Attraverso le narrazioni dell’arte, è possibile rilevare tracce di percorsi che eccedono la visione di un territorio fermo nella propria marginalità, in tensione verso il recupero di una forza attiva che devia lo sguardo al di là di ogni visione strumentale e razionale. Nelle pieghe di questi spazi, è possibile avvertire l’eco di un tessuto culturale pulsante, che risuona di storie dimenticate, trascurate o rimosse. Storie altre, che riempiono di significati nuovi anche concetti come quello di tradizione, sottratto al ruolo di immobile simulacro e inserito invece nel dinamismo dei flussi di traduzione, trasformazione, transito che ritornano, come fiumi carsici, latenti ma indelebili, dall’inconscio.

In questo senso, il Manifesto del Futurismo Rurale propone un avvicinamento creativo alla ruralità contemporanea, attraverso l’analisi e la ri-narrazione delle caratteristiche del territorio stesso: le complesse dinamiche tra ruralità e spazio urbano, la generazione delle comunità nel tempo, le peculiarità geofisiche dei luoghi. Si tratta di caratteristiche locali-globali legate ad aspetti e processi che non possono essere letti in maniera meramente trasparente e che suggeriscono come le categorie classiche di interpretazione della ruralità, basate sull’opposizione fra moderno e tradizionale, cittadino e agricolo non reggano più.

Per questo, l’accento posto dal documento sulla complessità e sulla pluralità delle idee generate dai processi dell’ascolto in senso critico apre spazi d’indagine, di intersezione ed interazione specifici in riferimento ai temi che coinvolgono le comunità e altri gruppi sociali: il concetto di identità, l’approccio ai luoghi abbandonati, alla natura e l’impatto delle tecnologie sui paesaggi.

A partire dall’analisi ineludibile della conflittualità e della problematicità che tali elementi veicolano sul territorio e nello spazio sociale, il Manifesto del Futurismo Rurale si accosta a questi temi con l’idea che il suono, nel suo rivelarsi come strumento produttivo per indagare identificazioni e disarticolazioni, sia elemento di potenziamento delle relazioni interculturali, di amplificazione delle dinamiche di traduzione culturale, di riconfigurazione delle pratiche di attraversamento dei confini, di possibile ridefinizione del significato di concetti come identità e comunità.

Il paesaggio rurale, come archivio sonoro di memorie sedimentate e conservate e come ambiente transitorio di flussi di idee, corpi e culture, diventa così uno spazio di ascolto che è possibile mappare secondo coordinate e riferimenti altri rispetto a una concezione contemporanea della ruralità (intesa come territorio e come spazio delle comunità) basata su cliché romantici o presunzioni di purezza. http://ruralfuturism.com/.

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(credits foto di copertina: photo Giuliano Mozzillo – Vacuamoenia a Liminaria 2018)

Leandro Pisano
Ricercatore indipendente, curatore, docente, si occupa di tecnoculture, sound art ed ecologia politica dei territori rurali e marginali. È PhD in Studi culturali e postcoloniali del mondo anglofono presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. http://www.leandropisano.it
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