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SNAI. La coesione territoriale tra ritardi e opportunità da cogliere

Una prima valutazione empirica degli effetti della Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI)

Gianluca Monturano*, Giuliano Resce**, Marco Ventura***

 

Lo storico ritardo economico delle aree rurali rispetto alle aree urbane è stato studiato a lungo dagli scienziati sociali, che lo hanno spiegato con il differenziale nella produttività del lavoro tra l’agricoltura e il resto dell’economia e con i vantaggi economici derivanti dall’agglomerazione, come la condivisione di buone pratiche e le economie di scala nella fornitura di beni indivisibili. Queste forze hanno alimentato, nel tempo, il divario tra le regioni al centro e le regioni alla periferia in molti paesi. È stato dimostrato che le fonti territoriali di eterogeneità sono una delle principali determinanti delle disuguaglianze all’interno dei paesi, che hanno, a loro volta, un’associazione negativa con la crescita e lo sviluppo sostenibile. Per compensare tali squilibri, che potrebbero avvantaggiare alcune aree centrali a discapito di quelle di quelle periferiche e marginali, molte istituzioni, nazionali e internazionali, hanno implementato robuste politiche di coesione.

Con l’obiettivo di contrastare le disparità economiche tra regioni, una buona parte del bilancio dell’Unione Europea è dedicato alle politiche di coesione. Nel più ampio contesto europeo, per identificare le aree più deboli il nostro paese nel 2012 ha introdotto il concetto di Aree Interne: aree territoriali gravate da problemi sociali, economici e ambientali che persistono da molti decenni. Nel 2014 le Aree Interne sono state organizzate in uno specifico quadro di politica di coesione incentrato sullo sviluppo locale e sui diritti di cittadinanza: la Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI).

La suddivisione territoriale realizzata con la SNAI ha individuato i Centri, cioè i comuni dotati di scuole, ospedali e stazioni ferroviarie e i comuni Aree interne, ovvero i potenziali beneficiari della politica di coesione. I comuni Aree interne sono classificati in base all’accessibilità a questi servizi essenziali, in particolare calcolando la distanza, espressa in minuti (oltre 20), rispetto ai Centri più vicini. Dopo la mappatura del territorio italiano tra Centri e Aree interne la strategia ha individuato delle aree pilota, tra i comuni interni maggiormente gravati dalla problematica dello spopolamento. Ad oggi sono state selezionate 72 aree pilota, costituite da 1.077 comuni. Poiché la politica mira anche a favorire la cooperazione istituzionale con approccio bottom-up, per essere beneficiati dalla politica i comuni delle aree pilota sono chiamati ad agire e a lavorare congiuntamente tra loro in forma associata, sino alla sottoscrizione degli Accordi Quadro di Programma (ApQ). Gli ApQ sono documenti tecnici di pianificazione che riassumono i progetti di sviluppo locale che verranno realizzati nei comuni Aree interne e i relativi dettagli finanziari.

Alle Aree interne sono state destinate importanti risorse di coesione. Il totale supera il miliardo di euro. Tuttavia, ad oggi, solo 47 Aree pilota hanno impegnato le risorse a disposizione. Finora gli impegni di spesa ammontano a 280 milioni di euro e i pagamenti effettuati sono solo 70 milioni.

Malgrado questi ritardi, nei primi anni di attuazione della politica, in molti comuni delle aree pilota sono state attivate iniziative nei settori economici e produttivi che favoriscono lo sviluppo locale, come agricoltura, turismo, gestione dei rifiuti, l’energia, cura del territorio, nonché attività per migliorare e rendere più efficienti i servizi essenziali.

Poiché l’obiettivo ultimo dell’intervento è quello di contrastare lo spopolamento delle aree interne, il suo effetto potrà essere osservato solo nel lungo periodo, ma nel breve periodo non viene meno la necessità di monitorare l’andamento dei suoi effetti. A questo scopo, in un recente lavoro di valutazione si è scelta una variabile di risultato ritenuta molto sensibile alla policy nel breve periodo, ossia il numero di attività economiche a livello comunale (unità locali). Per le analisi econometriche abbiamo costruito un dataset contenente informazioni sui comuni italiani negli anni 2014-2020. Sono state considerate le aree pilota e da un punto di vista metodologico è stato utilizzato uno dei più recenti sviluppi econometrici presenti nel campo della valutazione delle politiche pubbliche che tiene conto della diversa tempistica con cui i comuni hanno ricevuto i finanziamenti.

I risultati mostrano un effetto positivo della politica. Infatti, nelle aree pilota il numero di attività economiche è aumentato significativamente nei primi due anni. Allo stesso tempo non si riscontra un effetto di delocalizzazione produttiva, in altre parole le nuove unità locali nate non sembrano provenire dalla dislocazione di attività già esistenti nei comuni vicini; pertanto, la politica sembra non generare ricadute negative rispetto agli obiettivi per cui è stata ideata e progettata. Gli effetti positivi stimati sul numero di unità locali vanno presi in considerazione con molta cautela. Essi indicano che la policy sta generando risultati nella direzione auspicabile, ma non ne implicano il successo. In altre parole, l’assenza di effetti sulle unità locali sarebbe un chiaro segno di assenza di effetti futuri sulla popolazione, ma la presenza ne è solo la condizione necessaria ma non sufficiente.

La SNAI non è stata ancora pienamente attuata ed anzi per molti territori italiani è ancora in una fase di programmazione per la definizione degli interventi di ricostruzione socioeconomica da realizzare. C’è il rischio che in questa fase la politica possa essere fortemente condizionata da storiche problematiche che influenzano l’attività politico-istituzionale dei governi locali italiani, i quali potrebbero avere delle motivazioni elettorali locali che confliggono con l’interesse generale. Gli stessi ApQ necessitano di una convergenza e una volontà politica importante per essere approvati. Potrebbe essere utile integrare la politica con missioni e obiettivi di interesse generale da perseguire mediante una programmazione maggiormente accentrata. Le evidenze prodotte mostrano che investire nelle aree interne ha un potenziale di sviluppo. Sarebbe auspicabile, pertanto, provare a snellire il processo, riducendo eventualmente i passaggi formali e i livelli di governo coinvolti dal disegno all’implementazione della politica, in modo da liberare le risorse stanziate.


*Dipartimento di Economia e Fondazione Marco Biagi”, Università di Modena-Reggio Emilia

**Dipartimento di Economica, Università del Molise

***Dipartimento di Economia e Diritto, Università di Roma ‘La Sapienza’


 

credit Foto di copertina: Bittermuir da Pixabay
Gianluca Monturano, Giuliano Resce, Marco Ventura
Gianluca Monturano - Dipartimento di Economia e Fondazione Marco Biagi”, Università di Modena-Reggio Emilia Giuliano Resce - Dipartimento di Economica, Università del Molise Marco Ventura - Dipartimento di Economia e Diritto, Università di Roma ‘La Sapienza’
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