
Le molte demografie italiane. Vecchie e nuove territorialità
di Federico Benassi, Annalisa Busetta, Gerardo Gallo, Manuela Stranges e Cecilia Tomassini
La stagnazione demografica che caratterizza la popolazione residente in Italia è il risultato di una diminuzione persistente e continua nelle nascite accompagnata da un aumento delle morti dovuto all’invecchiata struttura per età della popolazione che ha portato, dal 1993, ad un saldo naturale pressoché costantemente negativo, fino a circa -200 migliaia di unità all’anno negli ultimi tre anni (2017-2019). La debole crescita della popolazione residente in Italia fino al 2014 è da attribuire esclusivamente ad un saldo migratorio con l’estero positivo, che ha compensato il saldo naturale negativo. Ma con l’inizio del nuovo millennio il numero degli immigrati è diminuito e negli ultimi quattro anni il saldo migratorio con l’estero è riuscito solamente a ridurre le perdite dovute alla bassa natalità.
A livello regionale il periodo post-crisi economica (2009-2018) è stato segnato da una riduzione della variabilità intra-regionale dei tassi di crescita demografica e da un “malessere demografico” consolidato, diffuso e progressivo. Nello specifico, solo le Province Autonome di Trento e Bolzano hanno mantenuto tassi di crescita positivi (sia nella componente naturale che migratoria), mentre quasi tutte le regioni italiane hanno sperimentato un progressivo e persistente processo di declino della componente demografica naturale che in molte zone non è stato nemmeno adeguatamente compensato dai flussi migratori.
La classificazione degli oltre 7 mila comuni italiani effettuata sulla base degli stock di popolazione residente e delle principali componenti dinamiche della popolazione ha consentito di scomporre il diverso ruolo giocato dalla componente naturale e dalla componente migratoria interna ed estera nel periodo 2002-2019 insieme alle coordinate geografiche dei comuni. I 6 gruppi (clusters) emersi dall’analisi esplorativa descrivono un contesto italiano fortemente eterogeneo in cui decremento della popolazione e marginalità territoriale non sono un binomio inscindibile. Se è vero infatti che esistono comuni delle aree interne – non solo nel Mezzogiorno del Paese – la cui fragilità demografica è associata ad una comparativamente bassa accessibilità in termini logistici, è anche vero che, esistono alcune regioni in cui il livello di accessibilità risulta non troppo elevato (come il Trentino-Alto Adige, la Valle d’Aosta e la Lombardia), ma la percentuale di comuni in spopolamento sistematico dal 1981 ai giorni nostri è bassa. La limitata accessibilità di un territorio non è quindi di per sé una condizione necessaria e sufficiente per l’esistenza di processi di decrescita sistematica della popolazione più accentuanti che altrove. Nella cosiddetta “montagna del benessere” ad esempio sono molti i comuni che hanno un livello di accessibilità relativamente basso, ma hanno saputo valorizzare il proprio capitale territoriale in modo accurato, redditizio e sostenibile e non hanno sperimentato quindi un calo demografico sistematico. La zona appenninica invece ricade largamente nel cluster denominato “Sud interno e marginalità” composto da 885 comuni massimamente concentrati nelle aree interne del Mezzogiorno e in alcune zone periferiche del Nord e del Centro, con una popolazione media per comune di circa 1.000 abitanti e una quota di residenti sul totale della popolazione pari a meno del 2%. Ma l’analisi ha anche evidenziato un cluster interessante formato da 27 comuni di ridotte dimensioni demografiche ma con un elevato tasso medio di incremento del saldo migratorio con l’estero (58,6‰) e quello relativo alla crescita della popolazione straniera (9,6‰). Sono comuni (ad esempio Riace, Cammini, Barbarano Romano) che hanno invertito lo spopolamento accogliendo flussi migratori dall’estero diventando luoghi di intervento ideale per associazioni di volontariato. Sono questi gli unici elementi che sembrano evitare la ‘morte’ demografica di questi territori.
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Gli autori sono demografi dell'Associazione Italiana di Studi di Popolazioni interessati ai temi delle dinamiche demo-sociali delle aree interne italiane. Gerardo Gallo e Federico Benassi - ISTAT Annalisa Busetta - Università di Palermo Manuela Stranges - Università della Calabria Cecilia Tomassini - Università del Molise
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- Cecilia Tomassini