Un Cristo che parla, un Cristo che manca.
L’ acqua è di più di quello che vedi!
“È il crocifisso che parla il vero protagonista”, ci dice Guido Conti. È, quindi, una triade – Don Camillo, Peppone e il Crocifisso – che anima il comune di Brescello sul fiume Po. Un Cristo che parla e mette pace nella guerra fredda di un Paese che usciva dal secondo conflitto bellico. Erano anche gli anni in cui si raccontava che c’era un Cristo che si era fermato ad Eboli; il confino di Carlo Levi iniziato nel 1935 diventa un libro di denuncia pubblicato nel 1945 con Einaudi. A Brescello c’è il fiume Po, ad Aliano passava non a molta distanza il fiume Agri, bloccato, negli anni Sessanta, dalla diga del Pertusillo che ne origina il lago. E Raffaele Nigro a ricordarci che Leonardo Sinisgalli, il poeta ingegnere di Montemurro, aveva detto di quell’opera: “Una delle poche fatte dall’uomo che ha migliorato la natura”.
Brescello ed Aliano tengono insieme l’Italia. E lungo la dorsale Appenninica c’è un Cristo che parla e Uno che manca.
Nell’uno, a Brescello, e nell’altro caso, Aliano, c’è realtà ma anche favola e mitologia.
E Raffaele Nigro a ricordarci che “partendo dai fiumi dunque anche la letteratura tende ad affidarsi alla storia”. Sarà che questo affidamento alla storia assume lo stesso significato, direi materno, che Laura Pariani, spingendosi oltre, attribuisce all’acqua: “È femmina, ha una energia che non può dare nessun altro elemento… È diversa da quella del mare. Nell’acqua del fiume e del lago c’è un’altra luce… Il lago è una superficie che riflette, il cielo si moltiplica, nel lago c’è sempre di più di quello che vedi.”
“È di più di quello che vedi”… rimbomba questo mistero. Per la Pariani riaffiora il ricordo di quando giunse, ragazza, ad una sorgente – sulle Ande del Jeuquém – che biforcava dando origine a due derivazioni opposte, una verso il Pacifico e l’altra verso l’Atlantico. O ancora una maga che le predisse la sua vita e la sua morte vicino all’acqua. Aveva 15 anni quando si trasferì dall’America del sud all’Italia e oggi vive in un paesino di 250 anime sul lago di Orta, per i romani Cusio. Quest’acqua non poteva che ispirare Gianni Rodari, che nel suo romanzo “C’era due volte il barone Lamberto” lo descrive come un lago che fa di testa sua. Infatti non ha nessun fiume emissario ed invece di andare verso sud, verso il Po, come sarebbe più naturale, va verso nord.
“È di più di quello che vedi” perché è un lago alimentato da una sorgente sotterranea alla profondità di circa 150 metri.
È dunque l’acqua che porta ai racconti e anche la mitologia legata all’immaginario delle acque ferme…
Ci dice Guido Conti che nel lago Gerundo, in Lombardia, a cavallo dei letti dei fiumi Adda e Serio, c’era Tarantasio, drago mitico che poi è diventato lo stemma degli Sforza, dell’Inter, e poi il biscione di Canale 5. E ancora la Bosma, un animale fantastico, che si trova nei pozzi e guarda caso quando uno ci urla dentro c’é sempre la eco. E questa eco è la Bosma che ti risponde.
È l’acqua che alza la nebbia, simbolo di un nord “polentone” e di un sud baciato dal sole. “Noi il sole, voi solo la nebbia” nel tifo della curva dello stadio San Paolo, in un futuro prossimo ribattezzato “Maradona”. E pensare che ci si rivolgeva al Milan di Arrigo Sacchi di cui Guido Conti ha recentemente raccontato la vita!
Ma oltre questa parentesi metereologica e calcistica, Conti unisce il Paese e lungo la dorsale Appenninica accende la cultura che illumina e riscalda anche la nebbia. Pensate un po’: “la nebbia cancella il mondo è diventa uno schermo cinematografico per proiettare il loro immaginario”. Si parla di Zavattini, Bertolucci e Fellini.
Quanta storia, quanta letteratura naviga queste acque. E Petrarca è la sorgente di Tasso che scrive una corona di sonetti per chiedere al Po di proteggere la sua fidanzata Laura. Un bell’omaggio di Conti alla Pariani, appunto Laura.
(A.Pennino)
rivedi su FACEBOOK il video della diretta con Raffaele Nigro, Laura Pariani e Guido Conti
La seconda presentazione del libro con Laura Bosio e Carlo Grande è programmata mercoledì 9 dicembre, ore 16.30, in in diretta sulla pagina facebook Civiltà Appennino.